Ricette a km 0: genuinità e gusto nei piatti della tradizione ligure

29 Gen 2018 - Enogastronomia, Magazine

Nei ristoranti del Porto Antico si servono tanti piatti della tradizione ligure. Antiche ricette popolari con l’aggiunta di fantasia e creatività per esaltarne la genuinità. Qui gustare un menù completo di tutti i sapori della Liguria, in un connubio di tradizione e innovazione. Una koinè di gusti che potrete riproporre anche a casa usando come riferimenti il rapporto territorio/gastronomia, nonché l’arte degli abbinamenti tra i piatti e tra i cibi e il vino.

Ecco tante ricette a km 0 per organizzare il vostro viaggio tra i piatti della tradizione ligure, dall’antipasto al dolce.

Antipasti.

Tûrta de giæ:

La tûrta de giæ è una torta salata preparata con le bietole dell’orto e la prescinseua. La prescinseua è un formaggio fresco e cremoso tra i più tipici di Genova. Viene consumata in maniera quasi esclusiva nel territorio ligure già dal tardo medioevo. Per cucinare la tûrta de giæ spalmate la prescinseua sulle foglie di bietole leggermente infarinate, tra strati di pasta sfoglia. Infornate per un’ora a 180° e il gioco è fatto.

Fritti misti:

I fritti misti alla genovese possono comprendere diverse prelibatezze a seconda di quanto offre il territorio e la stagione: zucchine, carciofi, fiori di zucca, melanzane e altri prodotti dell’orto, il tutto immerso in pastella. Se alla pastella unirete lattuga e cipollino finemente tagliati e friggerete a piccole cucchiaiate otterrete invece i classici frisceu. Mentre per le deliziose panissette, dovrete preparare una polenta di farina di ceci, tagliarla a listarelle e friggerle finché non diventeranno croccanti. Una golosità tipica dell’entroterra genovese è il latte brusco, un impasto di farina, latte, uova battute, prezzemolo tritato e una scorza di limone: stendetelo con 1 cm di spessore, tagliatelo a quadrati, impanate e saltate in padella. Denominatore comune di tutte le possibili versioni di questo piatto è la frittura in olio d’oliva ligure, delicato e leggero.

Zuppe.

Ciuppin:

Il ciuppin è una zuppa di pesce tipica di Genova e della Liguria e può avere come ingredienti principali la palamita, la rana pescatrice, lo scorfano, il grongo o altre specie “dimenticate”, buone e nutrienti come le varietà più rinomate ma molto più sostenibili ed economiche. Pulite i pesci aggiungendone altri di vostro gusto – ad esempio cozze, calamari e gamberi viola di Santa Margherita Ligure – e fate bollire teste e lische per ottenerne un brodo leggero che aggiungerete gradualmente a un soffritto con le carni più tenere e i pomodori. Fate cuocere per circa 20 minuti.

Mesciüa:

La Mesciüa è una zuppa di legumi e cereali originaria della zona di La Spezia, dove viene preparata utilizzando ceci, farro e alcuni prodotti agroalimentari tradizionali della Val di Vara: i piselli neri di L’Ago, i fagioli cannellini, cenerini e quelli cosiddetti “dell’aquila” di Pignone. Mettete in ammollo i legumi per almeno 12 ore e poi lessateli per almeno altre 2. Al momento di servire a tavola, aggiungete un filo di olio extravergine d’oliva ligure, una macinata di pepe e accompagnate con un Colli di Luni rosso DOC.

Primi piatti.

Trenette, gnocchi, testaroli o maltagliati con il pesto:

Il pesto, con il suo profumo intenso e il suo gusto delicato, è probabilmente la più celebre delle specialità gastronomiche di Genova, re incontrastato di moltissimi piatti della tradizione ligure. Va preparato con basilico DOP, possibilmente quello che cresce sulle colline di Pra’, e con olio extravergine d’oliva rigorosamente ligure. Potete utilizzarlo per condire le classiche trenette o trofiette, i testaroli della Lunigiana, uno dei tipi di pastasciutta più antichi in assoluto, o gli gnocchi di patata quarantina, una qualità di tubero tipica dell’entroterra genovese in generale e della Val Trebbia in particolare. Provate il pesto anche sui maltagliati di castagne: scoprirete un abbinamento delizioso!

Ravioli al “tuccu” di carne cabannina:

Nella biblioteca del Congresso di Washington è custodita una ricetta dei ravioli di carne al “tuccu” alla genovese risalente al 1839, scritta di pugno dal compositore Niccolò Paganini. Il “tuccu” è il pezzo di carne utilizzato per il sugo di condimento, da far rosolare intero prima di aggiungere funghi secchi, pinoli e salsa di pomodoro. Per una ricetta a km 0 potete optare per carne di cabannina, l’unica razza bovina autoctona genovese, oggi presidio Slow Food.

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Secondi piatti.

Cappon magro:

Un tempo lo consumavano pescatori e servitù cucinando l’invenduto e i frutti più poveri del mare e dell’orto. Oggi il cappon magro è considerato uno dei piatti della tradizione ligure più ricercati uno di quelli che, per la sua scenograficità e per la difficoltà di preparazione, viene solitamente riservato dai genovesi ai giorni di festa. L’ingrediente base è il pesce cappone o un altra specie a polpa bianca come la gallinella o il nasello. Potete procedere ideando un’architettura a strati nella quale il pesce lessato si dispone su gallette bagnate in acqua e aceto e si alterna, in un accostamento cromatico accattivante, alla salsa verde alla genovese e a verdure e ortaggi di diverso tipo, dai carciofi d’Albenga alle barbabietola rossa alle radici di scorzonera. Per la decorazione potete utilizzare i gamberi viola di Santa Margherita Ligure e crostacei e molluschi a vostro gusto, così come uova sode e olive verdi o nere.

Cima:

La cima è uno dei tanti capolavori della tradizione gastronomica genovese, per la perfetta armonia di sapori che riesce a presentare a partire da ingredienti poveri. La preparazione non è difficile, ma va fatta con cura per evitare che la cima “scoppi”: fatevi preparare dal macellaio un taglio sottile e rettangolare di carne della pancia del vitello, facendolo cucire su 3 lati in modo da creare una sacca. Farcite con un amalgama di polpa di carne e interiora finemente tritate, uova, formaggio, pinoli, piselli e maggiorana e ricucite anche il quarto lato della sacca, fate bollire per un paio di ore e poi raffreddare sotto un peso. Servite la cima tagliata a fette accompagnandola con salsa verde alla genovese. Se volete un ripasso veloce, potete ascoltare la bellissima canzone ‘Â çimma che Fabrizio De André a dedicato a questo piatto e alla sua “magica” preparazione.

Dolci.

Strosciata:

La strosciata è un dolce originario di Pietrabruna, nell’imperiese, una zona dove il gusto dell’olio extravergine di olive taggiasche la fa da padrone. L’abbondante utilizzo di olio al posto del burro rende questa focaccia dolce molto friabile – un po’ come la sbrisolona mantovana – mentre l’aggiunta nell’impasto di una scorza di limone grattugiata e di un bicchiere di marsala o di vermut le regala un profumo inconfondibile. Servitela a tavola ancora intera e lasciate che i commensali ne stacchino un pezzo con le dita: “strosciare” nel dialetto ligure significa spezzare, rompere, ed è così che viene tradizionalmente consumata.

Pandolce genovese.

Il pandolce genovese fu scelto nel Cinquecento dal doge Andrea Doria come dolce rappresentativo della città, adatto per la facile conservazione e per le proprietà nutritive anche ai lunghi viaggi in mare. Oggi viene consumato tipicamente durante le festività natalizie, sia nella soffice versione alta che in quella bassa, più fragrante e facile da preparare. Il gusto unico del pandolce genovese deriva dall’utilizzo abbondante di pinoli, uvetta sultanina, cedro candito, semi di finocchio e acqua di fiori d’arancio nell’impasto.

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